Preadolescenza: allacciate le cinture di sicurezza!

INTRODUZIONE
Essere genitori è una delle più grandi sfide della vita, ancor di più quando il proprio figlio entra nella fase della preadolescenza e dell’adolescenza.
Questo periodo di vita implica una serie di cambiamenti sul piano fisico, psicologico e comportamentale che mettono in crisi non solo il giovane, ma anche i suoi adulti di riferimento. Ecco perché ho cercato di scrivere qualche consiglio per aiutare i genitori come me ad affrontare la sfida della preadolescenza.
I nostri figli, dopo aver instaurato le relazioni fondamentali coi familiari nell’infanzia, relazioni che contribuiscono al suo percorso verso la strutturazione di una propria identità, crescono e si mettono in gioco sempre di più. Si confrontano con ambienti e persone diverse, socializzando e raccontandoci ciò che vivono, quello che li emoziona, li interessa ecc… Imparano chi sono, come funzionano e quanto valgono.
Questo processo dura tutta la vita, perché la nostra esistenza è una progressiva costruzione che si rimodella continuamente, e tutto si basa sulla nostra capacità di interagire con gli altri, di vivere relazioni. In queste relazioni comprendiamo i nostri punti di forza e di debolezza, ci mettiamo alla prova e ci facciamo sostenere quando siamo in difficoltà.
Noi siamo tutti apprendisti genitori. Loro crescono e noi con loro.
CHI È UN PREADOLESCENTE
Parliamo, per comodità, dei ragazzi dell’età della scuole medie, da 11 a 13 anni circa, anche se ciò che scrivo si può adattare anche agli adolescenti in piena regola, i “teen-ager”, (13-19 anni).
In questa fase, per la maggior parte dei ragazzi, si verifica una moltitudine di cambiamenti relativi al corpo, al mondo interiore e alla relazioni sociali. Si verifica anche lo sviluppo sessuale, con qualche differenza tra maschi e femmine. I primi si sviluppano tra i 9 e i 14 anni, le seconde tra gli 8 e i 13 anni.
La preadolescenza non è ancora l’età delle domande e dei dubbi sull’essere o non essere, ma delle domande concrete e a breve termine: come sopravvivo al primo giorno di scuola? Come posso evitare che mi prendano in giro? Come devo comportarmi per entrare in quel gruppo?
Le domande dei genitori, invece, sono: riuscirò a reggere le sue richieste e le sue sfuriate? Potrò aiutarlo a crescere senza correre troppi rischi, proteggendolo ma dandogli fiducia?
Non ci sono risposte che vanno bene per tutti, e ognuno deve trovare la sua modalità, ma dalla nostra abbiamo la nostra esperienza di ex preadolescenti. Anche se sembra passata un’eternità, cerchiamo di rimetterci in quei panni e di rientrare in contatto col “me preadolescente”. Questo ci aiuterà molto.
IL RUOLO DEI GENITORI: PREVENZIONE E PROTEZIONE
In questo periodo di sperimentazione, il ruolo dei genitori diventa molto difficile ma allo stesso tempo decisivo. Se da una parte l’adulto dovrà rispettare e “tollerare” i processi legati al bisogno di emancipazione del figlio, dall’altra dovrà porsi come costante riferimento dal punto di vista normativo ed affettivo.
Rispetto al ruolo genitoriale, sono essenzialmente due le funzioni fondamentali:
- una funzione normativa: la definizione di regole chiare e coerenti, che definiscano i confini ed i limiti del campo d’azione e di sperimentazione del giovane;
- una funzione affettiva: la capacità di porsi come “basi sicure” per il proprio figlio, pronti ad accogliere momenti di crisi, fatica e sconforto emotivo.
L’adolescente, con i suoi atteggiamenti e comportamenti, metterà a dura prova la capacità dei genitori di mantenere solide e costanti le funzioni di cui abbiamo accennato poco sopra. Frequenti saranno scontri e litigi tra adulti e ragazzi, questi ultimi impegnati nella sfida di valicare i limiti imposti.
Questo fa parte del processo di separazione ed autonomizzazione nel quale il giovane investe le proprie energie. Tuttavia, allo stesso tempo, il ragazzo avrà bisogno di sapere che in ogni circostanza e momento di sconforto, indipendentemente dal fatto di aver litigato o meno con i propri genitori, questi saranno sempre disponibili ad essere il suo punto di riferimento per offrirgli aiuto e una guida nei momenti critici del suo cammino.
Comincia anche a prevalere il gruppo dei pari rispetto alla famiglia. I gruppi amicali diventano il punto di riferimento e confronto principale, e in questo contesto vengono ricercati approvazione e consenso. L’adolescente quindi oscilla tra distacco e appartenenza rispetto alla famiglia.
NELLA MENTE (E NEL CERVELLO) DEL PREADOLESCENTE
Molti comportamenti che ci fanno impazzire nei ragazzi preadolescenti (volubilità, reazioni emotive intense, felicità e depressione che si alternano nella stessa ora) sono determinati da quanto avviene nel loro cervello in questo momento di sviluppo.
Il cervello di un preadolescente è ancora immaturo, e agisce in modo diverso da quello degli adulti. È più malleabile ed è estremamente sensibile agli stimoli che riceve dall’ambiente e dalle relazioni. La grande plasticità del cervello, particolarmente rilevante in questo periodo ma che si mantiene per tutte le età, è sia una grande occasione per la costruzione del pensiero e la socializzazione, ma è anche una fonte di vulnerabilità e instabilità.
Nella preadolescenza si ha una moltiplicazione del numero dei collegamenti neurali, e un aumento della mielinizzazione delle fibre nervose. In alcune zone, la mielinizzazione viene completata solo al termine dell’adolescenza. La mielina, una guaina che riveste le fibre nervose, velocizza la conduzione dello stimolo nervoso. Se questa manca, ci possono essere comportamenti imprevedibili, come l’incapacità di controllare gli impulsi aggressivi o la difficoltà di regolazione emotiva.
Un altro aspetto interessante riguarda la corteccia prefrontale, che nell’adulto è attiva e aiuta a programmare le cose, a valutare alternative, trovare strategie. Insomma, è un sistema capace di moderare gli eccessi derivati dalla parte emotiva.
Nei ragazzi, la corteccia prefrontale non è ancora del tutto matura, e quindi loro si trovano con una certa iperattività della parte emotiva che non viene bilanciata dalla parte cognitiva più razionale.
Intorno ai 20 anni, la corteccia prefrontale matura e si occupa di queste funzioni:
- regolare le emozioni
- regolare i processi decisionali
- pianificare
- organizzare
- favorire le competenze pro-sociali
Non avendo a disposizione, per intero, queste funzioni, ecco che il nostro adolescente non riesce ad avere una visione realistica del tempo a disposizione, e non riesce a riflettere sul modo migliore per organizzarlo per perseguire i propri obiettivi.
Esempi: lo chiamiamo per venire a cena e arriva dopo 10 minuti perché intanto si è perso a fare altro… oppure non sa organizzare bene la divisione dei compiti nei gg di vacanza e arriva sempre alla fine che non ha finito i compiti…
Sapendo a cosa sono dovute queste loro difficoltà, possiamo vivere la cosa più tranquillamente ed eventualmente anche trovare strategie per affrontarle.
Quando ci chiedono una cosa impossibile, non vedendo le difficoltà, non riuscendo ad arrivare a pensare a quali conseguenze ci potrebbero essere, è per le loro difficoltà di immaturità cerebrale. È nostro compito far vedere ai ragazzi i punti dove da soli non arrivano.
L’area più matura nel cervello dei preadolescenti è l’area limbica, quella deputata alle emozioni, al bisogno di gratificazione e ricompensa immediata. Ecco perché si cercano le novità, il rischio e l’interazione tra pari.
Questi tre elementi spesso fanno impazzire i genitori, ma in una prospettiva evolutiva hanno il loro perché, in quanto preparano una progressiva indipendenza dai grandi e spingono i giovani a immaginare e inventare una nuova immagine di sé. È anche importante che un ragazzo affronti il futuro con una certa dose di incoscienza, che sia meno spaventato dal rischio, che sia affamato di novità. Questo lo aiuterà a diventare qualcosa di nuovo, di diverso rispetto al bambino nato da mamma e papà.
Però è importante che il deficit della corteccia prefrontale sia compensato da un maggiore coinvolgimento educativo dei genitori. Questo non significa sostituirci a lui, ma affiancarlo permettendogli di fare le sue prove, alla ricerca dei suoi obiettivi.
I cambiamenti cerebrali in atto, insomma, portano i nostri ragazzi a ricercare le novità, a fare da soli quando possono, trovando magari soluzione creative diverse da quelle che hanno imparato da noi; li portano a cercare amicizie e legami profondi al di fuori della famiglia; e anche ad arrabbiarsi di più con noi e in generale, a volte faticando a collegare cervello emotivo e cognitivo.
CONCLUSIONI
Tutti i ragazzi di questa età sentono il bisogno di sperimentare i propri limiti, provare nuove esperienze, esplorare il mondo esterno e distaccarsi dai genitori. Maschi e femmine lo fanno in modo diverso, i maschi maggiormente sfidando il limite solo perché sentono di poterlo fare (il bisogno evolutivo principale è avere la percezione della propria forza), le femmine cercando amiche con cui scoprire il mondo, magari in gruppi di 2 o 3 (il bisogno evolutivo principale è stabilire una relazione con qualcuno).
Conoscendo un po’ di più le ragioni per cui i nostri figli a volte si comportano in modo irragionevole e difficile, forse vedremo la cosa in modo diverso, più rilassato. In fondo, col cervello immaturo ci abbiamo passato anche noi i primi 20 anni della nostra vita!
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