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LA COMUNICAZIONE COL NEONATO

La comunicazione con neonato inizia nei primi momenti di conoscenza con la madre dopo la nascita, come abbiamo visto nell’ultimo articolo. Nelle prime settimane e nei primi mesi di vita, la comunicazione cambia e si evolve, ma si esprime attraverso alcuni ambiti precisi, che sono l’alimentazione, il contatto e il gioco. Vediamoli insieme.

ALIMENTAZIONE

Un importantissimo mezzo di comunicazione della mamma col neonato, ma anche col bambino più grande, è il momento della nutrizione. Nel caso del neonato, si tratta di allattamento al seno o di alimentazione con latte artificiale.

In entrambi i casi, è importante che il neonato venga tenuto in braccio dalla mamma, e alimentato in modo che il bambino si senta contenuto e guardato. Il momento del pasto, per il piccolo, non è solo assunzione di cibo, ma attraverso il latte passano mille significati, anche rispetto al modo in cui viene tenuto, guardato, al modo in cui si parla con lui.

Allattamento al seno

Il latte materno non è solo nutrimento: attaccarsi al seno, per il neonato, significa ritrovare la simbiosi con la mamma, sentirsi rassicurato, sentirsi “intero”, sentirsi contenuto, sentirsi “riempito” di mamma… è consolazione, rassicurazione, coccola, aiuto per dormire, alleviamento di dolori.

La comunicazione funziona molto bene anche direttamente tra seno e bambino. Capita spesso, ad esempio, che il piccolo pianga e che la mamma inizi a perdere latte dal capezzolo. Il seno risponde attivamente al pianto del bambino.

Il piccolo allattato al seno “usa” il capezzolo in molti modi che non sono solo alimentazione, ma questo utilizzo per altri scopi aiuta comunque la crescita anche fisica del piccolo, perché viene stimolata la produzione di latte.

Con l’inizio dell’allattamento al seno, in cui viene coinvolto il corpo della mamma, ci sono due punti importanti da considerare:

  • rapporto con il bambino: gli ormoni della mamma che allatta, prolattina e ossitocina, la aiutano a diventare una mamma paziente e sintonizzata sui bisogni del proprio neonato. I ritmi di sonno e di veglia della madre che allatta si adattano meglio a quelli (fisiologicamente spezzati) del nuovo nato, e la mamma si sente più efficace e capace di comunicare col proprio bambino, di interpretare i suoi segnali e di soddisfare i suoi bisogni
  • l’allattamento al seno favorisce il legame tra madre e bambino, e fa crescere il piccolo sviluppando tutte le sue potenzialità sia fisiche che psichiche, grazie allo stretto contatto fisico ed emotivo

Allattamento artificiale

Anche nel caso dell’allattamento artificiale, la relazione tra mamma e bebè può essere favorita, come dicevamo prima, se si compiono gli stessi gesti che si compirebbero con un allattamento al seno. Allattare possibilmente a richiesta, tenere il bambino in braccio rivolto verso di sé, e anche, se possibile, usare tettarelle che permettano al bambino di poter succhiare attivamente per far arrivare il latte come e quando vuole lui.

Nel caso dell’allattamento artificiale, probabilmente sarà necessario utilizzare anche il ciuccio per soddisfare il bisogno di suzione del bambino, e per aiutarlo a rilassarsi al di là dei momenti dei pasti.

CONTATTO

Uno dei bisogni del neonato è il bisogno di contatto. Il bambino ha bisogno di essere tenuto in braccio, coccolato, maneggiato delicatamente.

Contrariamente a ciò che si sente spesso dire, non è possibile “viziare” un bambino così piccolo: nelle prime settimane di vita il neonato cerca e vuole il contatto con la sua mamma perché è l’unica cosa che conosce e che cerca, e che lo fa sentire al sicuro. È questa sicurezza, che viene man mano acquisita e immagazzinata, che permette il cammino di separazione successivo.

Il bambino gradualmente passerà dall’illusione di essere una cosa sola con la mamma, alla necessaria separazione. Piccole frustrazioni che inevitabilmente incontra il bambino, come aspettare un certo tempo quando la mamma non può correre immediatamente da lui, portano lentamente il bambino a “sentire” la separazione, ma a piccoli passi in modo che sia per lui gestibile e non fonte di ansia. Non è necessario, pertanto, farlo prima del tempo o pensare a creare artificialmente queste situazioni.

Anche coi bambini non più neonati, il contatto e la tenerezza non sono mai “sbagliati, ma rispondono ad un bisogno del bambino. Un bambino che cresce coccolato non sarà un bambino viziato, ma un bambino sicuro, perché un bisogno soddisfatto evita che se ne senta la necessità per tutta la vita. I bambini che non sono stati abbastanza accolti e contenuti da neonati, invece, continuano a sentirne a lungo il bisogno, anche in età adulta. E non ci sono una quantità o una modalità “giuste” per ritenere soddisfatto questo bisogno, visto che ogni bambino è diverso. Ci sono bambini che hanno bisogno di più contenimento e di contatto, sia per mangiare che per dormire, altri che ne hanno meno bisogno. Ci faranno capire loro stessi di cosa hanno bisogno. Affidiamoci a loro.

GIOCO E ATTIVITÀ

Nei primi mesi il bambino non “gioca” ma si può interagire con lui in molti modi. Il piccolo ci fa capire quando è sveglio e attivo e si può fare qualcosa con lui. Proviamo ad osservarlo bene e quando è attento e tranquillo possiamo provare a “comunicare”.

Mettiamolo davanti a noi, anche sulle nostre gambe, o sul letto dove siamo sedute, e guardandolo parliamogli dolcemente. Possiamo ascoltare con lui la musica che ascoltavamo quando era nel pancione, che lui riconoscerà, oppure cullarlo e cantare per lui. È possibile anche passeggiare con lui in braccio, nella fascia o nella carrozzina.

Nei primi mesi la comunicazione passa dal corpo, ogni tocco è un messaggio per il nostro piccolo. Può essere molto divertente vederlo fare il bagnetto, naturalmente se lo apprezza, osservarlo mentre si guarda intorno e scopre ogni giorno qualche nuovo oggetto.

Dopo i 3 mesi, spesso, i bambini allattati al seno osservano molto la mamma negli occhi mentre sono attaccati e poppano. Si staccano, le sorridono, e si riattaccano. Lo fanno molto spesso. Capiscono che il latte arriva quando loro tirano, imparano la separazione, sentono che il latte non è dentro di loro ma lo fanno arrivare loro con la suzione. E osservare questo è molto emozionante.

Giocare col papà

Il bambino conosce già il proprio papà, ma ha bisogno di sentirlo vicino tutte le volte che non è con la mamma. Ritroverà così quella voce profonda che sentiva da dentro il pancione.

Se il papà è presente nei primi mesi del bambino in modo continuativo, e adatta il suo intervento ai bisogni del bambino, la loro relazione ne gioverà e sarà più forte. Spesso il papà è ancora più efficace della mamma nel calmare il piccolo, perché quando la mamma è molto stanca e tesa, magari dopo aver trascorso tutto il giorno con il piccolo, fatica a rilassarsi, e in quei momenti passare nelle braccia del papà può essere molto utile, rilassante per il neonato e anche per la mamma che si può riposare.

A parte questo, e ad eccezione dell’allattare, il papà può fare esattamente tutto quello che fa la mamma, quando è in casa. Cambiare il piccolo, tenerlo in braccio, passeggiare con lui, fargli il bagnetto, parlargli, ascoltare musica con lui, portarlo in fascia, e osservarlo.

I papà presenti, che trascorrono del buon tempo con i propri figli, e che sostengono le compagne nel ruolo di madri, si assicurano di avere una famiglia più felice e più unita. Il compito del papà è fondamentale per la stabilità di tutta la famiglia, è colui su cui ci si può e ci si deve appoggiare nel momento del bisogno. Ma anche il papà può e deve potersi appoggiare alla propria famiglia. Più il padre è presente a sostenere la diade madre/figlio, più sarà facile crescere insieme e diventare una famiglia serena.


Foto di samuel Lee da Pixabay
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